COS’E’: Il “rent to buy”(Rtb) , recentemente disciplinato dall’art. 23 del decreto legge 133/2014, meglio noto come “sblocca Italia” ha, in concreto, una funzione preparatoria alla compravendita; al soggetto potenzialmente interessato all’acquisto è consentito di entrare subito nell’immobile, dapprima in locazione (rent) e poi in proprietà ( buy), se, al termine del percorso previsto, eserciti la facoltà di acquistarlo.
Con il rent to buy, durante la fase preparatoria alla compravendita, il futuro acquirente si impegna a versare al venditore un importo mensile, di cui una parte da considerarsi come effettivo canone di locazione ed un’altra invece da accantonarsi in conto del futuro acquisto.
Il rapporto tra il concedente e il conduttore è regolato dalle norme sull’usufrutto; all’Rtb non si applica la disciplina di cui alle leggi 392/1978 e 431/1998
CRITICITA’: mentre il locatore-venditore si impegna a non vendere a terzi l’immobile per tutta la durata dell’accordo, non è detto che il conduttore, allo scadere del termine assegnatogli, eserciti la facoltà di acquistarlo.
Nel caso in cui alla fase di “rent” non segua quella di “buy” (come può accadere se il conduttore decide di non esercitare la facoltà di acquisto oppure se il contratto si risolve per mancato versamento del corrispettivo mensile pattuito), il pregiudizio che subisce il locatore-promittente venditore può essere molto elevato, essendogli data solo la possibilità, salvo diverso accordo, di trattenere quanto ricevuto a titolo di canone (con obbligo alla restituzione di quanto ricevuto in conto prezzo).
Inoltre, ulteriore pregiudizio può derivare dalla mancata riconsegna del bene locato, con ogni ben nota conseguenza legata alle spese (ed alle tempistiche) del rilascio giudiziale, la quale cosa ovviamente rende ancora più difficoltosa la ricerca di un nuovo acquirente.
Risulta, pertanto, necessario prevedere apposite clausole nel contratto al fine di limitare il danno, ad esempio, pattuendo in caso di risoluzione o mancato esercizio dell’opzione di acquisto la restituzione solo parziale degli acconti sul prezzo versati oppure pretendendo il versamento di una somma a titolo di caparra confirmatoria che il costruttore-venditore è legittimato a trattenere in aggiunta ai canoni versatigli nel caso di mancato esercizio del diritto all’acquisto oppure come quale risarcimento forfettario nel caso di risoluzione per inadempimento, salva dimostrazione di un maggior danno.
TASSAZIONE: il rent to buy viene tassato come una locazione nella fase in cui il conduttore ha il godimento dell’immobile e come una compravendita nel momento in cui il conduttore esercita il diritto di acquisto (come da circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4 del 19 febbraio 2015).
La scelta di questo regime è stata criticata dal Consiglio nazionale del Notariato secondo il quale sarebbe stato preferibile trattare il rent to buy come un tipo contrattuale a sé stante, valorizzandone le caratteristiche peculiari, e non come la mera somma di una locazione e di una compravendita. Il problema si pone con riferimento alle somme tassate come acconto quando questa tassazione (che si detrae da quella da versare al momento del passaggio di proprietà) risulti maggiore rispetto all’ammontare dell’imposta di registro dovuto in sede di stipula del contratto definitivo (questo può capitare ad esempio se gli acconti sono tassati al 3% per l’intero loro valore, mentre la tassazione del contratto definitivo si effettua con l’aliquota 2% applicata alla rendita catastale). In questo caso l’Agenzia ritiene che la somma versata in eccedenza debba essere rimborsata.
Il Notariato, invece, sostiene che si sarebbe potuto compiere uno sforzo interpretativo maggiore, e cioè stabilendo un tetto massimo alla tassazione applicabile agli acconti (facendo riferimento alla tassazione che si applicherebbe al momento del contratto definitivo)
Altro aspetto controverso è quello della sorte della tassazione applicata alla parte di canone versata in acconto sul prezzo nel caso in cui il conduttore decida di non acquistare l’immobile.
Per l’Agenzia delle Entrate si tratta di versamenti “a fondo perduto” e dunque non restituibili; per il Notariato invece la restituzione avrebbe dovuto essere prevista.
Il Notariato ha inoltre affermato che la considerazione del rent to buy come fattispecie contrattuale unitaria (così come è considerata sotto il profilo civilistico) avrebbe comportato l’applicazione di una sola imposta fissa di registro nel caso in cui sia il rapporto di locazione che la compravendita siano soggetti ad IVA e non a doppia imposta.
Altre utili osservazioni fatte dal Notariato:
– per l’ipotesi in cui il soggetto concedente (che sia un soggetto Iva) intenda esercitare l’opzione per l’imponibilità sia per il rapporto di godimento che per la cessione dell’immobile, nel contratto di godimento potrebbero essere manifestate due opzioni per l’imponibilità a Iva, in presenza delle rispettive condizioni: una relativa alla quota del canone tassata secondo la disciplina della locazione, una relativa alla quota del canone tassata secondo la disciplina degli acconti prezzo;
– al canone versato “in conto prezzo” potrebbe essere applicata l’aliquota Iva del 4% nell’ipotesi in cui il conduttore dichiari di voler beneficiare dell’agevolazione “prima casa” (i cui presupposti dovranno sussistere alla data del contratto di trasferimento e non sin da quando si è nella fase del godimento). Se questi acconti sono invece versati a un soggetto “privato”, questi(per il loro intero ammontare) devono essere tassati con l’aliquota dell’imposta di registro propria degli acconti, e cioè l’aliquota del 3 per cento.
(immagine tratta da http://www.ilsole24ore.com/)
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